
Tell Me Why: di due fratelli, della propria essenza e del perdono
Titolo: Tell Me Why
Sviluppatori: Dontdod Entertainment (ora Don't Nod)
Anno di uscita: 2020
PEGI: 16
Genere: Avventura grafica
Temi centrali: identità di genere, perdono, rapporto genitori-figli

ATTENZIONE: potreste incorrere in spoiler durante la lettura
Ricordo l'entusiasmo quando si annunciò che Dontnod era al lavoro su un'avventura con protagonista una persona transgender. Si credeva fosse una grande occasione per parlare del delicatissimo tema della disforia di genere attraverso il medium videoludico, consentendo ad una vasta platea di acquisire maggiore sensibilità verso l'argomento. L'obiettivo è stato raggiunto? Ora ci arriviamo.
La storia si divide in tre capitoli che aiutano a
ricostruire la vita e i drammi di una famiglia, quella dei gemelli Tyler e
Alyson Ronan, divisi per dieci anni ma ancora legati da un profondo affetto.
Il gioco ci spiega subito cosa è accaduto. Uno dei gemelli viene sottoposto ad
interrogatorio dalla polizia e lo ritroviamo anni dopo maturo, più consapevole,
pronto a ricominciare.
Trattandosi di un'avventura grafica, il gameplay lascia spazio al dialogo e
alle scelte, in grado di orientare il rapporto tra i due fratelli (e con le altre persone) e di
modificare parzialmente gli esiti della storia. Grande centralità viene data al
"potere" che lega i due gemelli: la telepatia, oltre alla capacità di
rievocare insieme uno stesso ricordo o più versioni di quel ricordo.


Tyler è il protagonista transgender di cui tanto si è parlato. Nel corso della narrazione si scopre man mano la sua storia; entriamo nel suo intimo, esplorando paure ma anche grandi certezze.

"Se il sesso assegnato alla nascita indica la differenza tra le persone basata sul corredo cromosomico e sulla conformazione genitale, l'identità di genere designa invece il sentimento profondo ed intimo di appartenere al genere maschile, femminile, o a qualche combinazione tra essi. L'identità di genere, cioè, consente alle persone di dirsi "io sono un uomo", "io sono una donna", "io sono genderqueer", indipendentemente dal sesso assegnato alla nascita. Il termine Transgender, dunque, si riferisce a quelle identità o espressioni di genere che differiscono dalle aspettative sociali tipicamente basate sul loro sesso assegnato alla nascita." (Osservatorio Nazionale sull'Identità di Genere)
Ci viene raccontato cosa voglia dire essere a metà del
proprio percorso: ad esempio, Tyler assume già ormoni, ma intende presto
sottoporsi ad un intervento (che gli consenta di non dover più adottare
stratagemmi per nascondere i seni). Riusciamo a comprendere le sue incertezze
rispetto a ciò che gli altri possono pensare di lui ed è abbastanza semplice
entrare in empatia con il personaggio.
Di Alyson ci viene raccontato molto meno, ma in qualche misura sembra evidente
che sia lei il soggetto più fragile, meno consapevole di cosa fare della
propria vita.
Ora, se l'obiettivo era raccontare la storia di Tyler per sensibilizzare al tema della disforia di genere e all'importanza di creare una società inclusiva devo dire che è stato solo parzialmente raggiunto. Questo semplicemente perché la narrazione mette tantissima carne sul fuoco, che va ben oltre questi temi. Per me non è assolutamente un male, anzi, apprezzo la volontà di portare a galla più argomenti di discussione, ma bisogna poi essere certi di poterli gestire tutti al meglio delle possibilità. Comprimere una storia così complessa in tre capitoli ha portato ad un epilogo un po' frettoloso, almeno a mio giudizio. Si è corso il grande rischio di voler dire tanto non dicendo nulla. Per fortuna, il titolo offre momenti di grande intensità.

Ma cosa vuol dire "tantissima carne sul fuoco"?
Scopriamo che la premessa attorno a cui tecnicamente doveva
ruotare la narrazione... non è quella corretta. Tyler cresce pensando di non
esser mai stato accettato dalla propria madre, ma quella donna aveva tanti
problemi, troppi che non avevano a che fare con le scelte del figlio.
Scopriamo dunque che la narrazione ruota attorno ad una comunità che ha
abbandonato una famiglia nel momento in cui aveva più bisogno d'aiuto.
Scopriamo che il disagio emotivo, se non accuratamente trattato, sfocia in
dramma. Scopriamo che la sete di vendetta produce mostri e che il bigottismo
(inteso qui come una sorta di fondamentalismo religioso) è un grande male della
nostra società.
Ritengo dunque che questo titolo sia alla fin dei conti, più che un racconto a tema LGBTQ+, una grande storia sull'importanza di perdonare: perdonare i genitori che, a volte, per proteggerci ci nascondono qualcosa (preoccupazioni, ansie, problemi di varia natura); perdonare una comunità mossa da ignoranza e rancore; perdonare se stessi per non essere stati in grado di aiutare e sostenere la propria famiglia, per non essere stati in grado di capire che c'era qualcosa che non andava.

Lo
inserisco per questo motivo nella mia lista, che affido a voi, di videogiochi
formativi. Non perché sia rivoluzionario o particolarmente ben costruito, ma
perché riesce a farci riflettere sul valore della famiglia e sull'importanza di
sostenersi l'un l'altro, ma anche sul disagio socio-economico di molte famiglie
e su come spesso si faccia troppo poco per aiutarle.
Voi ci avete giocato? Cosa ne pensate?
Un abbraccio,
Angela