Sempre meno educatori: perché?

28.12.2023

Definiamola "crisi" di settore, definiamola "fuga" dei professionisti verso settori più remunerativi, ma resta un fatto: noi educatori siamo tanto desiderati, ma poco amati e per questo motivo iniziamo a scarseggiare.

Cosa intendo dire? Andiamo con ordine: in un mio recente video su Youtube, di cui vi inserisco sotto il link, ho commentato un articolo risalente a Novembre 2023 pubblicato sulla rivista online Vita. L'articolo analizzava da un punto di vista per lo più quantitativo quella che è nei fatti una crisi di settore, determinata in parte anche da un crollo delle iscrizioni all'Università da parte dei giovani diplomati ai corsi di laurea per diventare educatori.

L'articolo, in modo molto chiaro, spiega cosa accade: questi corsi di laurea risultano essere poco attraenti,  sebbene l'analisi fosse maggiormente legata al CdL di Medicina, necessario per diventare educatori professionali-sanitari. L'articolo, molto breve, si ferma però lì, e a me va di aggiungere qualche riflessione personale per chi non avesse voglia di guardare il video su Youtube (che comunque consiglio come supporto alla mia attività!).

La prima riflessione è relativa ovviamente al riconoscimento sociale e professionale della nostra categoria. Non prendiamoci in giro, finché si viene scambiati per tate, baby sitter o insegnanti non si va da nessuna parte. Purtroppo resta un'enorme ignoranza - in alcuni casi lecita, per carità - su chi sia l'educatore. Vi dico in due righe chi siamo: siamo professionisti delle relazioni d'aiuto, col compito di aiutare - applicando scienza e metodo - individui in condizione di fragilità, contribuendo ad obiettivi di autonomia, autoefficacia e autostima. Siamo qui, insomma, come guide, e ci siamo per creare un piano d'azione concreto e basato sulle potenzialità e competenze di ciascun individuo.

A mio parere, finché questa definizione non sarà chiara a tutti non potrà esserci un riconoscimento della professionalità educativa. C'è dunque un lavoro lessicale e culturale da portare avanti, affinché si sappia a cosa serviamo e perché possiamo operare trasversalmente in una grande varietà di servizi di aiuto a persone con difficoltà nella vita.


La seconda riflessione riguarda la difficoltà del lavoro educativo. Dicevo, siamo molto desiderati ma poco amati. Fare l'educatore è una scelta di passione, nulla da dire. Non lo si fa per ricchezza. Mediamente si possono arrivare a guadagnare poco più di 1350 euro al mese con un contratto idoneo al titolo e full time. Assolutamente non vale in ogni servizio e non vale in tutta Italia, ma da educatrice lombarda mi sento di dare questo dato.

Certo, questo non vuol dire sentirsi eroi. Si tratta di un lavoro come tanti, ma dove c'è senza dubbio una componente di sacrificio importante: si tratta di un lavoro debilitante sul lungo periodo, che comporta stress e stanchezza fisica e mentale. E di certo non si ringiovanisce con gli anni, pertanto è possibile aspettarsi di arrivare alla pensione acciaccati e stanchi. Ovviamente, sarebbe molto meno complesso se in ogni servizio ci fosse un'adeguata supervisione, ma ahimè questo ancora non accade, esponendo noi educatori a maggiore fragilità emotiva. Non è facile avere a che fare con problemi altrui tutti i giorni. Essere ascoltati e poter esternare eventuali difficoltà è il minimo da aspettarsi. Purtroppo, ripeto, siamo ancora lontani da questa realtà di accoglienza delle nostre richieste emotive.

Per questi motivi, ritengo che l'evasione di molti colleghi dal settore sia una ferita sempre meno rimarginabile. Non dubito che molti colleghi siano spinti da motivazioni svariate, non sempre legate al mero guadagno, ma sicuramente questo è un motivo per molti più che sufficiente. Sarebbe bello aspettarsi di essere amati tanto quanto noi amiamo questo lavoro, ma sembra per ora essere un amore a senso unico. Lo Stato non ha ancora neanche deciso in merito all'istituzione di un albo per noi L-19, educatori socio-pedagogici, come se ci fosse meno bisogno di regolamentare il nostro ramo professionale rispetto ai colleghi sanitari. Non si tratta di favorire guerre civili interne al settore, ma di tutelare noi professionisti dalla svendita della nostra competenza, ritenuta ad oggi facilmente sostituibile da quella di sociologi, psicologi e persone con altri titoli tra i più svariati, talvolta anche in possesso di semplice certificazioneda coach e/o counselor.
Con tutto il rispetto, saremo anche pochi, ma le nostre competenze sono del tutto diverse da quelle di altre figure seppur laureate. Ritengo che la creazione di un albo possa essere il primo passo per dare più corpo alla richiesta degli educatori L-19 di essere riconosciuti e valorizzati. Molti potranno non essere d'accordo, ma siamo qui per parlarne.
E poi è arrivato il momento di ripensare gli stipendi, non solo i nostri ovviamente. Ad un costo della vita sempre più alto dovrebbe corrispondere adeguato compenso, tale da permettere a tanti di noi di sognare di comprare una casa e metter su famiglia trasformando quel sogno in realtà.

Ditemi cosa ne pensate, e guardate il mio ultimo video.

Angela

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