Roe v. Wade, un diritto in discussione

05.07.2022

Mi sono occupata di interruzione volontaria di gravidanza, per la prima volta, durante gli anni della laurea magistrale, tra attivismo e studio. Si tratta di un tema che non riguarda solo le donne, ma anche gli uomini. Non tanto perché altri, all'infuori della diretta interessata, possano decidere su una materia tanto delicata, ma perché quando si parla di aborto si parla altresì di diritti riproduttivi (che riguardano anche la coppia) e di regolazione della vita sessuale.

Andiamo con ordine. La sentenza Roe v. Wade risale al 22 Gennaio del 1973 e, sebbene sia così storicamente rilevante, non si risolse con un aborto. Infatti l'allora 21enne Norma McCorvey, che era rimasta incinta per la terza volta e che era una madre single, riuscì, sì, ad aprire un vaso di pandora fatto di speculazioni economiche, incompetenza e forti privatizzazioni nel sistema delle IVG (interruzioni volontarie di gravidanza) degli Stati Uniti, ma non ebbe modo di abortire. Diede infatti alla luce una bambina.
Questa sentenza è però entrata di diritto nella storia per diversi motivi:

· Dimostrava l'iniquità che si celava dietro la pratica abortiva, spesso considerata un business sia per i medici che, clandestinamente, si facevano pagare profumatamente per portare a termine la procedura, sia per le cliniche private. Cosa ne era allora delle donne con difficoltà economiche?

· Sottolineava che l'IVG è un atto legato alla sfera di vita privata di una donna, e proibirlo è intrusione nel diritto alla privacy;

· Rendeva l'aborto una materia di portata federale e non più affidata solo ai singoli Stati.

In quegli anni, in tutto il mondo, quella dell'aborto era diventata una questione non solo di autodeterminazione ma anche di salute (e non solo della donna, ma anche del feto). Non si deve infatti dimenticare che in Europa fu commercializzato un farmaco chiamato talidomite, sedativo che durante la gravidanza provocava gravi danni al feto. Questo farmaco non era legale negli USA, ma fu comunque assunto da alcune donne ignare degli effetti collaterali. Molte delle donne che lo avevano provato chiesero di poter ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza. Fu un enorme scandalo.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che non solo ricorrere ad aborti clandestini era spesso l'unica opzione (non sostenibile economicamente da molte donne) ma era anche tremendamente pericoloso. Si chiamano in gergo unsafe abortion, pratiche abortive affidate a soggetti senza le dovute competenze o portate avanti in condizioni ambientali non conformi agli standard medici minimi (es. igiene) (WHO). Un aborto portato a termine in condizioni non sicure può provocare emorragie, sepsi, traumi di varia natura, morte.

Arriviamo all'oggi. Cosa è accaduto in questi giorni negli States?

Di fatto è stata revocata questa sentenza, riportando gli Stati Uniti negli anni '70 e riaffermando il diritto dei singoli Stati a legiferare in modo preminente in materia. Vuol dire che starà agli Stati e agli attivisti lottare per preservare questo diritto, come si sta facendo adesso in Louisiana, in California e in Florida.

Non solo il rischio è che si torni a ricorrere massicciamente ad aborti clandestini, ma che anche altri diritti vengano messi in discussione come travolti da una valanga conservatrice.

Non dimentichiamo, inoltre, che l'interruzione volontaria di gravidanza non è mai una scelta semplice. Non sempre c'è in gioco l'indisponibilità a diventare genitori (scelta più che legittima e per la quale non si dovrebbe mai essere giudicati), ma concorrono motivi di salute (es. infezioni o patologie contratte in gravidanza o preesistenti), eventuali violenze sessuali patite, situazioni socio-economiche complesse.

Procedere con una rimozione del diritto all'interruzione volontaria di gravidanza vuol dire nascondere la testa sotto la sabbia. Non si dovrebbero forse concentrare più energie nella promozione di una sessualità consapevole? Non dovremmo forse provvedere a maggiori tutele verso nuclei familiari in condizioni di disagio? Non dovremmo forse calcolare l'impatto sociale di una gravidanza non desiderata e incoraggiare una programmazione familiare più consapevole?

Non è tollerabile dare ad una donna (o ad una coppia) la colpa di voler interrompere una gravidanza quando la gran parte del mondo politico se ne frega di educare i giovani alla sessualità e di assistere coppie e famiglie adeguatamente sul piano economico e sociale.

Bene, vi ho detto come la penso. Voi, cosa pensate?
Un abbraccio,

Angela

FONTI

https://www.ilsole24ore.com/art/usa-louisiana-giudice-blocca-divieto-aborto-AEzcGliB

https://www.repubblica.it/esteri/2022/06/24/diretta/aborto_usa_sentenza_corte_suprema_roe_wade-355292369/

https://www.italiachecambia.org/rassegna-stampa/usa-cancellano-diritto-aborto-conseguenze-reazioni/

https://www.raicultura.it/storia/articoli/2020/04/Talidomite-398b435b-f9c7-4bda-9bb4-99bddc2c6929.html

https://www.nationalgeographic.it/storia-e-civilta/2022/06/le-origini-della-sentenza-roe-contro-wade-e-il-futuro-della-legge-sullaborto (stupendo approfondimento!)

Consiglio inoltre la lettura di alcuni miei articoli pubblicati negli scorsi anni su Dol's Magazine: https://www.dols.it/author/angelacarta/

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