Il gaming è mindful

Nella mia ultima diretta con la dott.ssa Lucia Musmeci, ho affermato che - dando per assodato che il videogioco è in primis un gioco - nessuno metterebbe mai in discussione l'utilità del gaming.
Giocare è infatti un'attività vitale per i bambini, e anche per gli adulti, per molteplici motivi che storicamente la pedagogia e la psicologia hanno riconosciuto (apprendimento di norme sociali, creazione di legami, acquisizione di competenze e abilità motorie e sociali, confronto benefico con ostacoli e traumi, etc...).
Un altro dei motivi per cui il gioco è così sano è perché il tempo del gioco è un tempo collocato fuori dalle malsane dinamiche che ci legano al passato e al futuro: tutto è vissuto nel qui e ora, in uno spazio che viene costruito attraverso la formulazione delle regole di gioco e degli ambienti che lo ospiteranno.
Questo aspetto vale anche per il videogioco.

Il videogioco, se vogliamo, riesce meglio in questo scopo alla luce delle sue caratteristiche di interattività e soprattutto immersività. E riesce a farlo bene però solo se è costruito in modo tale da non generare frustrazione, favorendo dunque la motivazione ad andare avanti.
Dunque il videogioco è un gioco con precise peculiarità che tuttavia non minano, se è ben progettato, le qualità positive del gioco e soprattutto risulta essere compatibile con l'idea di mindfulness che tutti abbiamo: cioè la volontà di prestare consapevolmente attenzione al momento presente, senza giudizio.
Nel videogioco si mettono alla prova i limiti personali e le credenze sulle proprie capacità, esattamente come nella più classica attività ludica, ma anche nella pratica meditativa e mindfulness. Anzi, potremmo dire che in qualche modo il videogioco ci dia talvolta degli stimoli utili ad apprendere più rapidamente e in modo indolore le dinamiche di gioco: parlo dell'uso dei tutorial.
Il carattere di immersività del videogioco consente di penetrare l'ambiente di gioco privandosi nelle distrazioni del mondo esterno.

E' chiaro e giusto sottolineare che l'immersione non deve e non può durare per sempre. Come per ogni strumento, il fine non deve essere raggiungere un senso di estraneazione permanente dalla realtà. Come capita con meditazione e in generale con le pratiche olistiche, il videogioco può se mai rappresentare un tempo e un luogo utile a divertirsi, svagarsi, conoscere meglio se stessi e migliorarsi, con un focus necessario sull'unico tempo che conta, che come ricordo sempre è il presente.
Inoltre, il videogioco non manca mai di rammentare se si sta sbagliando, aspetto che riporta immediatamente al momento presente in caso di distrazione. Si viene richiamati al qui e ora perché o per distrazione o per una scelta non strategica si è provocato un errore. E questi errori non generano in noi un giudizio negativo sulla nostra performance, siamo se mai spinti a far meglio, perché l'ambiente di gioco è generalmente un ambiente accogliente e sicuro (un discorso diverso potrebbe essere fatto nell'ambito del gaming online multiplayer, dove ci si interfaccia con comunità non sempre prive di giudizio, ma di questo prometto torneremo a parlare... intanto vi rinvio al mio post un po' datato su Dota2).
Spesso nella meditazione o nella pratica mindfulness è molto semplice lasciarsi trascinare da un pensiero e da un flusso di pensieri, senza rendersene immediatamente conto. Nel videogioco questo non accade proprio perché l'attività ludica è pensata per dare una risposta immediata all'azione, un feedback positivo o negativo rispetto alla scelta presa. Dunque consente di rimediare prima e più efficacemente.
Prossimamente vi parlerò di giochi che sono stati progettati per creare uno stato di rilassamento e calma interiore, ancor più in sintonia col concetto di scoperta di sè, mindfulness e crescita interiore.
A presto,