Gris, viaggio videoludico nel sè
Apro questo 2024 parlandovi di un titolo pubblicato nel Dicembre 2018 da Devolver Digital e sviluppato da Nomada Studio (di cui spero di provare presto Neva). Sto parlando di Gris.
Volevo provare questo titolo da moltissimo tempo, ma quando si tratta di videogiochi di grande profondità emotiva, con affondi di carattere psicologico importanti, cerco sempre di attendere il momento giusto. Ho fatto così anche con Heavy Rain e soprattutto con Hellblade Senua's Sacrifice. Di questi due però sapevo molto di più, la loro notorietà li aveva in qualche modo preceduti, mentre con Gris partivo quasi da zero.
Avevo sentito e letto commenti entusiastici in rete dopo l'uscita, ma senza guardare recensioni e video. Complice l'uscita del titolo sul Game Pass, mi sono decisa a provarlo, rimanendo letteralmente rapita dalla bellezza visiva e dall'intensità emotiva di ciò che avevo davanti.
Come sapete, il mio punto di vista sul gaming è quello di educatrice, pertanto vi parlo del perché questo videogioco andrebbe proposto a ragazzi e adulti come contributo alla crescita e alla formazione.
Intanto, si parla di un PEGI 7.
Parto dal titolo, Gris, che sia in francese che in spagnolo vuol dire "grigio". Sento moltissimi pronunciarlo alla francese, eliminando la "s" finale, ma in realtà andrebbe mantenuta, poiché la Nomada Studio ha sede a Barcellona.
La scelta di questo titolo non è casuale. In ambito psicologico e cromoterapico, il colore grigio è associato a tristezza, malinconia, depressione, impersonalità, neutralità, dolore. Ponendosi come via di mezzo tra il bianco e il nero, parla di una sospensione della scelta e del percorso, di un momento e di uno spazio di pausa e riflessione.
Non è casuale perché la protagonista di questo viaggio, che è prima di tutto interiore, è affetta da una sorta di mutismo che le impedisce di esprimere le emozioni che sente dentro, ed è sospesa, momentaneamente apatica, seppur in lotta con i turbamenti interiori.
Non ci viene detto nulla di più. L'intero gioco ha solo un accompagnamento musicale, senza presenza di comunicazione verbale. Vorrei però precisare che la soundtrack è maestosa, intensa, capace di seguire i moti interiori della protagonista in modo tale da farci comprendere esattamente ciò che sta provando in quel preciso momento. Un grande grazie quindi ai Berlinist, che ci danno ulteriore dimostrazione di come la componente musicale sia fondamentale per la riuscita di qualsiasi prodotto audiovisivo, soprattutto in assenza di elementi visivi, testuali o verbali.
Il titolo rievoca l'ambientazione iniziale del gioco: il mondo è grigio e si animerà, man mano che l'avventurà andrà avanti, con nuovi colori. Ma quali colori? La scelta anche in questo non è casuale, e non ho intenzione di dirveli tutti, ma vi lascio un piccolo suggerimento. La scelta dei colori è associata alle emozioni, esattamente come si suole fare alla scuola dell'infanzia, quando si inizia a lavorare sulla compenza emotiva e le maestre sfruttano il colore come strumento per dare consistenza visiva alle stesse. C'è un albo bellissimo e arcinoto, chiamato I colori delle emozioni di Anna Llenas, a cui vi consiglio di dare un'occhiata, perché tratta proprio questo argomento.
Questo titolo agisce esattamente come l'albo illustrato, ma in modo ancor più potente, perché ci consente di vestire i panni di un personaggio che prova emozioni magari diverse dalle nostre e di imparare a riconoscerle, a validarle, ad accoglierle come parte del percorso.
Ormai il gioco è in commercio da diversi anni, dunque mi sento di potervi dire che il tema portante del videogioco è l'elaborazione del lutto nelle sue cinque fasi. Ad ognuna delle fasi, con le emozioni che suscitano, è dunque associato un colore. Non vi dirò quali sono queste fasi, perché il valore pedagogico del videogioco risiede in questo caso nella trasmissione di un'informazione utile, nel generare apprendimenti anche nozionistici. Pertanto non voglio togliere a Gris la possibilità di insegnarvi qualcosa di nuovo.
Bisogna sottolineare che - come spesso accade quando si provano titoli di questo genere - ognuno di noi può vederci qualcosa di intimo e personale. Il lutto non è soltanto legato al concetto di morte, ma in generale all'idea di perdita. Il titolo invita a guardarci dentro, a fare i conti con il nostro vissuto e su come possiamo lavorare sull'accettazione delle emozioni legate alla perdita e su come lasciar andare, nei tempi e nei modi più giusti.
La protagonista cresce ed evolve fase dopo fase, sviluppando poteri che altro non sono se non risorse interiori utili a tornare alla vita: potenzia il salto, crea una barriera per proteggersi, da usare solo quando richiesto, e prova a recuperare la verbalizzazione. La formula è quella del platform, ma è di fatto un'avventura per tornare a sorridere.
Non vi dico altro, ma spero di avervi messo almeno un po' di curiosità. Questo titolo è assolutamente imperdibile e può sciogliere una lacrimuccia anche nei cuori apparentemente più duri.
Un abbraccio,
Angela