Doki Doki Literature Club: IA, solitudine e disagio sociale
Ho recuperato Doki Doki: Literature Club, sviluppato e sceneggiato da Dan Salvato nel 2017. Mi ha turbato, affascinato e incuriosita come non avrei mai pensato. Vi spiego perché.
ALERT: non parliamo di un videogioco educativo nel senso che alcuni immaginano. I temi trattati, quali depressione, ansia sociale, abusi, autolesionismo e suicidio, possono influire in modo importante su soggetti sensibili e/o che hanno sperimentato in qualche forma questi eventi. Nel caso temiate di essere facilmente influenzabili da quanto qui descritto, si sconsiglia di giocarlo o di farlo seguiti da figure specializzate in benessere psicologico e salute mentale.
Doki Doki si presenta come una visual novel, pertanto il gameplay è ridotto allo zero e l'unica attivazione dell'utente è nella scelta delle opzioni di dialogo (neanche così diffusa ad essere onesti). L'interattività è molto scarna, il che sacrifica in modo sostanziale la componente ludica, per lasciare spazio alle parole e alle immagini.
La trama è semplice: il gioco si propone come una sorta di simulazione d'appuntamenti e il protagonista viene accolto (trascinato...) in un Club Letterario scolastico, da una sua amica di nome Sayori. Emerge quasi subito una dinamica malsana nel gruppo, il cui ago della bilancia diventiamo nostro malgrado proprio noi, oggetto del desiderio (sotto ogni punto di vista) delle quattro ragazze. Da principio sembra che tutte si vogliano bene, ed effettivamente emergono come personaggi dalle diverse sensibilità e affezionate le une alle altre, sebbene in una cornice di competizione.
Purtroppo a causa di alcune nostre scelte, la storia prende una piega decisamente disturbante. Tenete in considerazione che parliamo di una visual novel horror, pertanto tutto è volutamente inquietante.
Il problema è che l'inquietudine è incrementata dal fatto che i disagi vissuti dai personaggi femminili sono tutti estremamente verosimili, anzi, realistici a tal punto da fare sì che empatizzare diventi semplicissimo. Questo vuol dire che il coinvolgimento emotivo è concreto, grazie anche ad immagini dirette e ben pochi giri di parole.
Ho letto commenti di utenti che sono rimasti turbati per molti giorni da quanto visto sullo schermo, a causa proprio del richiamo a problemi fortemente attuali, vissuti da moltissimi giovani, direttamente o indirettamente.
In tal senso, si può dire che Doki Doki: Literature Club racconti un certo spaccato della società odierna, che vede giovani sempre più insicuri e alla ricerca di punti di riferimento, talvolta sensibili all'ossessione e all'idea di subire un abbandono.
Capite come affrontare questa esperienza videoludica senza un doveroso distacco possa rappresentare un rischio, ed è giusto ribadirlo, perché suggerire titoli porta con sè un senso di responsabilità da cui nè figure educative nè giornalistiche sono esenti.
Il videogioco porta ad epiloghi amari e spiacevoli, ma non si conclude come penseremmo.
**SPOILER**
Il gioco infatti non è solo il racconto di una storia, ma anche la simulazione di uno scenario diametricalmente opposto alla realtà. Uno dei personaggi principali, che conosciamo come Presidentessa del Club, di nome Monika, infatti è tutto meno che umana. Trattasi dell'intelligenza artificiale che domina il gioco, e che rappresenta la solitudine di un'intelligenza che si fa coscienza e che comprende il proprio destino di solitudine e rifiuto.
La fama e l'accettazione sociale del personaggio di Monika è pura finzione, in quanto lei non è "vera" all'interno del videogioco, bensì una IA che si insinua alla ricerca di amore umano e di un riconoscimento che le manca.
In qualche modo, si arriva a comprendere come lei abbia sabotato dall'inizio ogni approccio amoroso verso gli altri personaggi in gioco, i cui disagi interiori e le esperienze (clinicamente rilevanti ma in alcuni casi silenziose per una prima parte della narrazione) vengono intensificati fino al tragico epilogo del suicidio.
Questo perché Monika desidera accentrare l'amore del nostro avatar, riconoscendolo come umano e desiderando anch'essa un riconoscimento in quanto intelligenza vera, anche se non corporea.
Ed è così che fa terra bruciata intorno a noi, portandoci in un incubo in cui gli unici personaggi siamo noi, che giochiamo, e lei.
Come fare per fermare tutto? Sta a voi scoprirlo.
Sappiate che una redenzione è possibile ma l'epilogo è comunque amaro: vi è la consapevolezza che una realtà sintetica non può portare la felicità cercata.
E dunque è un modo per riflettere sull'importanza di scegliere esperienze vere in un modo vero, lavorando sulle proprie fragilità in modo sano.